SI PUÒ COLTIVARE NEL DESERTO?

Videoconferenza di biologia

Lo scorso aprile abbiamo assistito ad una videoconferenza con la dottoressa Elena Costantini, una biologa che sta conseguendo un Dottorato di ricerca presso l’Università di Varese.

Prima di iniziare il racconto del suo lavoro di ricerca, la dott.ssa Costantini ci ha spiegato le tappe del suo percorso di formazione. Questo incontro quindi ha rappresentato un’importante occasione di “orientamento in uscita” per noi studenti del quarto anno di liceo scientifico. Infatti non tutti sappiamo ancora come proseguire i nostri studi al termine del liceo, quindi ascoltare l’esempio di una ricercatrice e scienziata è stato certamente molto formativo e interessante.

Durante gli anni di studio ha avuto la possibilità di intraprendere un tirocinio nel laboratorio di biologia molecolare vegetale della Prof.ssa Lucia Colombo. In particolare, ha lavorato nell’ambito della ricerca di base con lo scopo di comprendere i meccanismi molecolari che regolano la crescita e la riproduzione nelle piante in una prospettiva futura volta a promuovere un’agricoltura sostenibile.

I suoi sforzi, uniti a quelli del team di ricerca in cui lavora attualmente, sono concentrati sullo studio della comunicazione tra i cloroplasti e il nucleo della cellula vegetale. La specie modello utilizzata è Arabidopsis thaliana, una comunissima “erbaccia” che presenta una serie di caratteristiche molto importanti per i ricercatori, come un ciclo vitale breve (di al massimo 5 settimane), un gran numero di semi prodotti e le ridotte dimensioni.

Il cloroplasto è l’organulo responsabile della fotosintesi ed è fondamentale per la vita delle piante. L’importanza del cloroplasto risiede anche nel suo ruolo emergente di “sensore” delle condizioni ambientali avverse. Come il mitocondrio, anche il cloroplasto presenta delle caratteristiche particolari e interessanti che li differenziano rispetto agli altri tipi di organuli presenti nella cellula eucariote: la presenza di una doppia membrana e di molecole di DNA circolare, simile al DNA dei procarioti (i batteri) e indipendente rispetto al DNA presente nel nucleo della cellula.

Queste differenze significative sono molto importanti perché rappresentano degli “indizi” che hanno permesso agli scienziati di capire il meccanismo di formazione della cellula eucariote, più complessa e “accessoriata”, a partire da quella procariote, molto più semplice.

Una delle teorie più accreditate per spiegare l’origine della cellula eucariote è la teoria endosimbiontica, formulata alla fine degli anni Ottanta da Lynn Margulis. Secondo questa teoria i cloroplasti e i mitocondri deriverebbero da procarioti primitivi entrati all’interno di cellule procarioti più grandi con le quali hanno stabilito una relazione simbiontica.

Il mitocondrio e il cloroplasto però non sono autosufficienti e necessitano di interloquire con il nucleo per produrre quelle risposte, fisiologiche o indotte, che permettono alle cellule e all’organismo intero di crescere e riprodursi. Questo processo si chiama “segnalazione retrograda”: l’organulo segnala al nucleo che è avvenuta una variazione nelle condizioni esterne e così la cellula può regolare i geni che permettono un’adeguata risposta. Come il cloroplasto riesca a comunicare con il nucleo è ancora in gran parte ignoto.

Sottoponendo le cellule vegetali ad uno stress da caldo, le proteine funzionali all’attività del cloroplasto vengono rovinate nella loro struttura (denaturazione) e questo impedisce il corretto funzionamento dell’organulo e di conseguenza determina un problema per la vita della cellula stessa. In questa situazione il cloroplasto “taglia” le proteine deteriorate in piccoli pezzi (peptidi), alcuni dei quali escono dal cloroplasto stesso tramite dei trasportatori specifici e si dirigono al nucleo, il quale li riceve come segnale di aiuto e si impegna per ristabilire la situazione ottimale di lavoro di tutta la cellula.

Ed è proprio esaminando gli effetti dello stress da caldo sui cloroplasti e confrontando ciò che accade in cellule normali e in cellule di organismi appositamente modificati tramite l’inattivazione di alcuni dei putativi trasportatori di cui si parlava prima, che il team di ricercatori sta tentando di chiarire quali siano i trasportatori coinvolti nella “richiesta di aiuto” del cloroplasto al nucleo.

Un eventuale esito positivo della ricerca, cioè l’individuazione dei trasportatori coinvolti nella comunicazione cloroplasto-nucleo in situazione di stress da caldo, potrà in futuro permettere interessanti risvolti applicativi, mirati all’ottenimento di piante di interesse agrario, come grano o riso, più resistenti agli stress ambientali.

Ad esempio, possiamo logicamente dedurre che un potenziamento o un aumento del numero di trasportatori consentirebbe di ottenere piante in grado di resistere meglio alle elevate temperature.

Questa possibile applicazione futura di un lavoro di ricerca che inizialmente ci sembrava assolutamente senza possibili risvolti pratici ci ha fatto molto riflettere. È infatti emersa l’importanza della ricerca sulle piante, in considerazione della loro estrema rilevanza per la vita dell’uomo, per la sua nutrizione in particolare.

In un mondo come quello attuale in cui la richiesta di cibo è in continua crescita ma le risorse chiave sono limitate e in cui l’agricoltura tradizionale ha un forte impatto sull’ambiente e sul clima, la ricerca in campo molecolare e biotecnologico può rappresentare una modalità di approccio, necessaria ma non sufficiente. Infatti questo complesso problema dovrebbe essere affrontato contemporaneamente su più fronti differenti tramite l’adozione di politiche coerenti e integrate, che possano assumere un ruolo determinante nell’individuazione di obiettivi e azioni finalizzate a promuovere la sostenibilità nei diversi contesti.

Gli studenti della classe 4B a.s. 2021/2022

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